Bottom up o top down, l’impresa si sta reinventando

Bottom up o top down, l’impresa si sta reinventando

Nascono  nuovi modelli organizzativi degli spazi di lavoro, lo racconta l‘antropologa Lorenza Salati

Dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso? Meglio il “Bottom up” o il “Top down”? Soprattutto, come è cambiato l’approccio manageriale all’impresa in questi ultimi anni?

Lorenza Salati, antropologa che si dedica alla costruzione e implementazione di nuovi modelli organizzativi, non ha dubbi: «Entrambi non sempre funzionano. Oggi una fra le frontiere alle quali guardare è il community empowerment, processo che fa crescere contemporaneamente l’impresa e i suoi collaboratori».

Procedendo per gradi, i modelli a disposizione per chi un’azienda ce l’ha già o la vuole avere, non mancano e «possono essere esterni o interni – dice Lorenza –  Dei primi fanno parte gli spazi fisici identificabili nei quali entra l’imprenditore; i secondi invece entrano in un modello aziendale già esistente per migliorarlo».

A lei abbiamo chiesto una breve descrizione dei modelli/strumenti principali, compresi punti in comune e differenze.

I MODELLI ESTERNI

Multifactory

Spazio di lavoro condiviso, ricavato in strutture abbandonate, dove ci si contamina a vicenda. I progetti comuni nascono in modo naturale ed è garantita l’autonomia di ciascun imprenditore. La multifactory nasce dal basso (dagli imprenditori-soci) e lì si può aprire, o trasferire, la sede della propria impresa condividendo alcuni costi e potenziando il proprio business attraverso la “rete” di collaborazioni. Interessa un quartiere allargato e il lavoro si aggrega solitamente intorno ad un tema dominante (per esempio, l’ambiente). Qui le piccole imprese imparano l’una dall’altra e diventano più competitive. E con il loro dinamismo, le loro idee e il potenziale innovativo che esprimono aiutano le grosse realtà (che nella multifactory aprono alcuni spin off) a realizzare piccoli prodotti.

Coworking

Fondamentalmente nasce per risparmiare sui costi (si affitta una postazione per ore o giorni), è pratico, funziona bene per nomadi digitali, freelancer e liberi professionisti, è gestito da una società. Solitamente c’è anche un manager che organizza eventi (alla multifactory a organizzarli sono gli imprenditori-soci). Comodo e raggiungibile da casa, impersonale dal punto di vista territoriale, il coworking funziona nelle grandi città, per chi ha un’impresa già avviata e cerca nuove collaborazioni, e anche piccoli imprenditori che esportano e chiedono un punto d’appoggio nelle principali città europee. Alcuni collaboratori di grosse aziende, due o tre giorni la settimana lavorano in un coworking per capire quali sono le nuove strade organizzative basate su dinamismo e flessibilità.

Makerspace

In questi laboratori, detti anche hackerspace, si condividono gli spazi ma anche gli attrezzi di lavoro legati al mondo della produzione – stampanti 3D, laser cutter, Cnc ma anche frese e altri strumenti tipici di un’officina meccanica – che si possono usare pagando una quota mensile. Se nella multifactory si può aprire fisicamente la propria azienda, al makerspace si va per sperimentare, incontrare altri innovatori, socializzare e imparare ad utilizzare nuovi strumenti che servono anche alla prototipazione. E che non si hanno all’interno della propria impresa perché troppo costosi. Uno fra i punti di forza è la condivisione di risorse e conoscenze per la costruzione di oggetti di varia natura. I makerspace sono luoghi anche di formazione attraverso workshop e conferenze.

Fablab

Anche in questi luoghi la sperimentazione e la formazione sono le attività principali. Nei Fablab, così come accade nei makerspace, si dà l’opportunità – a imprese, potenziali imprenditori, professionisti, studenti – di osservare cosa fanno gli altri e di provare a sviluppare i propri progetti senza però pensare, inizialmente, al cliente finale. Sono considerati al pari di piccole officine in grado di offrire servizi personalizzati costruiti intorno alla fabbricazione digitale. Al centro dell’attenzione ci sono sempre le idee e il loro sviluppo in prodotti unici. In questi luoghi si dà spesso il via ad un percorso di maturazione per quei giovani che, a volte, cullano il sogno di diventare imprenditori.

I MODELLI INTERNI

Crowdfunding

Presentando la propria idea/progetto su una piattaforma, si chiede una raccolta fondi per procedere alla realizzazione del prototipo del prodotto. E’ indispensabile conoscere lo strumento (attraverso corsi di formazione) per poterne applicare tutte le potenzialità (attraverso la pratica). Si tratta di un’opportunità stimolante che ben si adatta anche alle piccole aziende che, però, dopo aver lanciato una campagna di raccolta devono essere preparate a gestirla per ottenere i risultati voluti. Uno fra gli obiettivi del crowfunding è anche quello di aprire un confronto con i potenziali fruitori del prodotto per avere feedback immediati su come lo si può realizzare, e sulle caratteristiche che deve avere per essere appetibile sul mercato.

Creative commons

Come condividere il proprio prodotto in open source e dare l’opportunità, a tutti, di ricostruirlo o modificarlo. L’obiettivo di Creative Commons è di ampliare la gamma di opere disponibili alla condivisione e all’utilizzo pubblico in maniera legale. La piattaforma, infatti, protegge l’idea attraverso diversi tipi di licenze che permettono all’autore/inventore del prodotto di definire quali diritti vuole per sé e a quali vuole rinunciare. La paternità dell’idea viene sempre mantenuta. Il vantaggio dello strumento è che il prodotto si diffonde in modo capillare e internazionale. E anche il piccolo imprenditore può avvantaggiarsi delle tante idee che hanno affinato e migliorato il suo prodotto. Per migliorarlo ulteriormente. Creative Commons velocizza il percorso che porta dall’idea al suo sviluppo.