Crowdfunding e autoproduzione 2.0: È febbre sul web.

Crowdfunding e autoproduzione 2.0: È febbre sul web.

Il 14 giugno a Faberlab si parla di #crowdfunding con il massimo esperto Giorgio Ferrari. Ma di cosa si parla quando si parla di crowdfunding? Ecco un articolo che ci parla di finanziamento dal basso nel mondo della musica.

Si moltiplicano i siti di crowdfunding per finanziare progetti culturali. Negli Usa spopola Kickstarter il sito dove raccogliere fondi.

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Morbid anatomy è il nome di un gruppo di appassionati uniti dal culto di tutto ciò che, secondo una loro definizione, si colloca negli interstizi tra arte, medicina, morte e cultura. Nella loro sede di Brooklyn infatti, è possibile trovare serigrafie anatomiche, pezzi di corpi mummificati, animali imbalsamati, teschi di varia natura e tutto ciò che è macabro e grottesco. Dai feticci della Santa Muerte messicana fino agli organi conservati sotto formaldeide. I fondatori di questa libreria-museo dell’orrore, hanno deciso di realizzare un libro fotografico per raccogliere il meglio della loro collezione. Si sono così scritti a Kickstarter, un sito che dà la possibilità di raccogliere fondi per portare a termine un progetto culturale, artistico o ricreativo. Avevano bisogno di 8mila dollari, ne hanno raccolti oltre 46mila. 1.319 amanti dell’orrore hanno sostenuto il progetto. Scopriamo che in cambio di venticinque dollari, 825 sostenitori hanno ricevuto il libro. Per gli investitori più generosi, come le ventuno persone che hanno inviato ben 150 dollari, la ricompensa constava nel libro, una borsa decorata con uno scheletro e una serigrafia.

Anatomia a parte, che cos’è Kickstarter? Il sito è una piattaforma di crowdfunding o, all’italiana, finanziamento dal basso. Una forma di etero-produzione con cui si possono raccogliere fondi per la realizzazione di progetti culturali e artistici indipendenti. Che sia un libro macabro, un disco per una band, un film amatoriale o il prototipo di un oggetto di design, ciò che bisogna fare è iscriversi, girare un breve video di presentazione e stabilire le ricompense in base alla quota di partecipazione.

Kickstarter è stato lanciato nel 2009 da Perry Chen, Yancey Strickler e Charles Adler e, già nel 2010, il Time lo incornava come invenzione dell’anno. Dalla sua nascita ha finanziato oltre 30mila progetti dalla natura più disparata. Persino Whoopi Goldberg ha deciso di raccogliere fondi sulla piattaforma per la realizzazione di un documentario su Moms Mabley. Nessun produttore interessato alla vita della prima comica – donna e afroamericana – che ha conquistato la ribalta dello schermo televisivo? Poco importa… Whoopi ha chiesto al web di sostenere il suo progetto. Aveva bisogno di 65mila dollari e ne ha ottenuti più di 70mila. Circa 900 persone hanno reputato lodevole ed interessante l’iniziativa e così, in cambio di 15 dollari, per esempio, verranno ringraziati nei titoli di coda del film che verrà. C’è chi ha chiesto 100mila dollari per la realizzazione di un orologio digitale connesso all’iPhone e ne ha ottenuti dieci milioni o chi ne ha chiesti 16mila, per girare un documentario sul punk a Jakarta, o chi voleva ristrutturare un vecchio furgone per allestire un ristorante su quattro ruote, specializzato in cibo biologico.

GliShakers, una delle tante band che ha scelto il crowdfunding per realizzare il proprio disco.

GliShakers, una delle tante band che ha scelto il crowdfunding per realizzare il proprio disco.

E poi ci sono anche i progetti falliti. Su 47mila iniziative che non hanno raggiunto i fondi necessari per la realizzazione, circa 800 non hanno raccolto neanche un dollaro, mentre circa 200 si sono fermati ad un passo dalla meta, tra l’80 e il 99% del totale. La media di successo, dalla nascita della piattaforma ad oggi, si aggira attorno al 44%. Con picchi positivi nei progetti che hanno a che fare col teatro o la danza (circa 70%) e con débâcle clamorose se si parla di moda (meno del 25%). Il web ci va a nozze: ogni anno vengono stilate le classifiche dei peggiori progetti. C’è chi aveva bisogno di 10mila dollari per realizzare un cartone animato cristiano e chi voleva pubblicare un libro in cui sosteneva che le religioni tutte, fossero la prova dell’esistenza dagli alieni. Nessuno dei due, però, è riuscito a convincere nemmeno un finanziatore.

In un modo o nell’altro, secondo il principio della meritocrazia, chiunque può presentare il proprio progetto sulla piattaforma ed ambire ad essere finanziato da degli anonimi mecenate, a patto che ne rispetti il manifesto etico. E quindi no alla pornografia o ai partiti politici di maggioranza o opposizione, no ai cosmetici o agli energy drink, per esempio. Kickstarter non è l’unico. Come lui c’è Indigogo, Fundable, Crowdfunder o GreenUnite, per i progetti legati all’ecologia, oppure Appsfunder, per le applicazioni per smartphone e tablet.

In Italia abbiamo Musicraiser, piattaforma specifica per band, etichette, organizzatori di eventi e per tutte quelle figure che ruotano attorno alla scena delle cinque note. Che nella musica, spesso, si ricorra all’autoproduzione non è una novità. La cultura del D.I.Y. (Do It Yourself) ha visto i suoi natali nella scena anarco-punk inglese grazie ai Crass, importata nel Belpaese da gruppi come i Kina, perpetuata e rivendicata fino ad oggi da Kalashnikov Collective e molti altri, è sempre stato un grido di battaglia ed una presa di posizione contro le major.

Possiamo forse considerare queste piattaforme una forma evoluta del D.I.Y.? Siamo di fronte all’autoproduzione 2.0? Giovanni Gulino, fondatore di Musicraiser, dice: «Le case discografiche indipendenti svolgono un ruolo culturale insostituibile nel nostro paese; le major invece, tranne rari esempi di gestione illuminata, puntano dritto al fatturato e considerano l’artista e le sue canzoni merce da vendere alla stregua di un detersivo o di un profumo. Fare da sé è sicuramente una scelta intelligente perché si saltano diversi passaggi della filiera discografica, ma bisogna essere capaci di farlo. Piattaforme come Musicraiser danno la possibilità concreta agli artisti e alle piccole case discografiche di sopperire al gap finanziario che le separa dalle grosse produzioni».

Verrebbe facile pensare che Musicraiser, come le altre piattaforme di crowdfunding, potrebbero essere prese come esclusive di chi, in quanto esordiente, non ha i mezzi necessari per portare a termine un progetto. Niente di più errato. Basta guardare chi è presente sul sito: Gianni Maroccolo (Litfiba, Csi, Marlene Kuntz), Moltheni, Shandon, gliShakers e molti altri, che hanno diversi album alle spalle e una carriera ultra decennale, hanno scelto questa nuova forma di fundrising. «Oggi molti artisti famosi possono così ottenere più fondi, di quelli che su di loro investirebbero le case discografiche» mi racconta Giovanni che, oltre ad essere il fondatore della piattaforma, è anche la voce dei Marta Sui Tubi. Un altro nome: Lo Stato Sociale, band bolognese, che voleva realizzare un’edizione deluxe del loro primo disco Turisti della Democrazia. Ed è di qualche tempo fa, l’annuncio sulla pagina Facebook della band: «Turisti della Democrazia Deluxe si farà! Il budget di produzione di 4mila euro è stato raggiunto con 12 giorni di anticipo grazie al generosissimo contributo dei primi 160 produttori.» D’altro canto lo dice persino lo slogan di Musicraiser «Where fans are music». Ce lo spiga Giovanni: «un artista o una band senza fans non è nulla. Chi li andrebbe a vedere in concerto? Chi comprerebbe la loro musica? Nel caso poi degli artisti che aprono una raccolta di crowdfunding su Musicraiser i fans rappresentano la linfa vitale per il successo del finanziamento. In questo modo i fans “sono” la musica».

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