Garanzia di qualità, nella blockchain il fai da te non conviene

Garanzia di qualità, nella blockchain il fai da te non conviene

Riuscire a vedere riconosciute originalità e qualità insite nei propri prodotti è per definizione una delle massime ambizioni per un artigiano.

Una missione non facile se si vuole elevare questa sorta di certificazione a un livello formale, senza affidarsi al semplice giudizio dei clienti o alle dichiarazioni di un produttore.

Ancora più impegnativa quando entra in gioco la tecnologia.

Oggi, questa opportunità si sta presentando all’orizzonte sotto le insegne di blockchain.

Come tutte le novità, e in questo caso i requisiti per un cambiamento di grande portata ci sono, un passaggio spesso fonte di confusione, dove la traduzione in realtà è molto meno scontata di come vengono descritte tante promesse.

“Meglio di qualsiasi altra definizione, può essere utile un esempio a inquadrare il concetto di blockchain”.  Spiega l’avvocato Giulio Graziani, socio dello studio Elexia – avvocati & commercialisti  ed esperto di diritto delle nuove tecnologie. “Non più tardi di alcuni mesi fa, General Electric ha depositato un brevetto intenzionato a introdurre una blockchain per la convalida e la verifica di componenti stampati in 3D nella propria catena di fornitura”.

Una precisazione fondamentale, utile prima di tutto a comprendere come una blockchain non sia una sorta di servizio pubblico, uno strumento pronto sul mercato da acquistare e integrare nei propri processi, ma preveda un percorso decisamente più articolato.

«Parliamo di un’attività molto costosa, quindi non alla portata di tutti e da valutare con attenzione – precisa Graziani -. Bisogna costruire prima di tutto una rete di soggetti partecipanti. Soprattutto, serve un grande lavoro di sviluppo software, con una elevata componente di personalizzazione. Infine, deve essere inclusa una serie di notizie tecniche, necessarie a raggiungere l’obiettivo di una sorta di certificazione a tutto campo».

Certificazione diffusa

Se il traguardo finale di vedere garantita la qualità della propria produzione è infatti decisamente invitante, il prezzo da pagare per riuscirci non è necessariamente giustificabile.

Questo però, non significa assolutamente rinunciare in partenza, è semmai importante individuare il giusto partner.

«Teniamo come riferimento General Electric – prosegue l’avvocato -. Loro garantiscono l’investimento. Poi, chiunque in possesso di una stampante 3D e sia in grado di realizzare oggetti di design può aderire attraverso il marketplace dell’azienda. Bisogna però capire bene di cosa si tratti e come funzioni l’intero processo».

Così facendo, si può passare in pratica da una sorta di autocertificazione a una garanzia diffusa e quindi più autorevole.

La presenza di una blockchain permette infatti di registrare tutti gli elementi in gioco, dal design alle forme prodotte, dal modello utilizzato ai materiali, dai processi produttivi fino alla tracciatura dell’intera supply chain.

Senza dimenticare la prospettiva di affrontare in modo più efficace un aspetto delicato come la proprietà intellettuale.

Solo a questo punto, può tornare utile passare anche a una definizione più formale di blockchain. In pratica, una tecnologia alla base del funzionamento di un intero sistema complesso. Un software in grado di consentire la formalizzazione e la gestione decentralizzata dei rapporti di scambio in un ecosistema digitale. Un ambiente privo di intermediari e dove tutti i protagonisti si confrontano sullo stesso livello. Con la libertà totale nella scelta degli elementi da inserire: beni, servizi o altro ancora.

Emergono quindi abbastanza chiaramente tanto le potenzialità quanto le difficoltà nel realizzare un progetto di questa portata. Da qui, una volta di più la necessità di poter contare sulla presenza di un grande operatore, in grado di coprire le esigenze in termini di competenze e risorse per lo sviluppo.

Il nodo privacy

Le potenzialità tuttavia sono molto elevate e praticamente ancora tutte da scoprire.

La blockchain è infatti una tecnologia da considerarsi ancora agli arbori, anche dal punto di vista normativo. Dove tuttavia qualcosa si sta già muovendo anche in Italia.

«Nel Pacchetto Stabilità 2019 è presente un disegno di legge per un riconoscimento giuridico alla DLT (Ditributed Ledger Technology), in pratica la tecnologia di base dell’intero sistema – riprende Graziani -. Anche se al momento non esiste una disciplina organica per il settore e bisogna prendere spunto da altre norme, è un buon segnale di attenzione da parte dello Stato».

Perché, dietro alla prospettiva di una maggiore garanzia e visibilità per i propri prodotti, emerge anche un problema molto attuale e altrettanto spinoso.

«Non bisogna dimenticare gli aspetti legati alla privacy – avverte il legale -. Praticamente tutti gli interlocutori in questo momento si stanno domandando come conciliarla con una blockchain. Per definizione infatti, i dati sono distribuiti e quindi ogni partecipante con un nodo associato è potenzialmente interessato dal rispetto della normativa».

Un fattore di complessità quindi molto elevato.

Nel mondo della stampa 3D, probabilmente troppo per pensare di poter procedere da soli.

Mettendo da parte l’ambizione personale però, ignorare l’opportunità presenta tutte le carte in regola per rivelarsi un grande errore.

«Il singolo operatore dovrebbe prima di tutto studiare un prodotto, inquadrare le informazioni da gestire, realizzare l’applicativo, convincere in clienti a usarlo e tenere tutte le informazioni aggiornate – conclude Giulio Graziani -. È invece molto più interessante e utile impegnarsi nella ricerca di blockchain già attive nella quale inserirsi».