
15 Mag I Big Data, il nuovo traguardo da inseguire con Industria 4.0
Raccogliere grandi quantità di dati è ormai una realtà, o un obiettivo, consolidato. Per trasformarli in valore servono però nuove competenze e un modello organizzativo inedito, con una collaborazione a tutto campo
Digitalizzazione e Big Data sono temi ormai attuali in qualsiasi organizzazione. Chi finora ha comunque deciso di non occuparsene più di tanto, rischia di vedersi tagliato fuori prima di quanto si riesca a immaginare. Anche chi prova a restare sempre aggiornato arriva però a un punto cruciale, dove non è necessariamente facile sapere come proseguire. Per quanto consapevoli di dover nuovamente investire nella propria azienda, aver analizzato a fondo la necessità di raccogliere dati e di mettersi in rete con gli altri passaggi della propria filiera, il grande dubbio è cosa fare una volta entrati in possesso di milioni di numeri ogni giorno.
Contare su una grande risorsa quale i dati è infatti solo il primo passo di un percorso per molti del tutto inedito. La vera sfida è trasformarli in informazioni e quindi in competitività. Un passaggio certamente non facile, probabilmente però meno ostico di quanto si possa credere. Il processo non è infatti molto diverso dalla trasformazione di materie prime in un prodotto finito. L’unica differenza: la mancanza di esperienza al riguardo, oltre all’aspetto importante soprattutto sotto il profilo emotivo di non poter contare sulla fisicità tipica di una produzione.
Le incognite della novità non devono spaventare, almeno non più di quanto possa aver fatto a suo tempo adottare nuovi macchinari per aggiornare dei processi produttivi. Esattamente come in quelle situazioni, serve sviluppare le competenze o recuperarne di nuove e conoscere a fondo i meccanismi per sfruttarli a dovere e tradurli in vantaggi economici.
In queste situazioni, la figura centrale è quella del Data Scientist. Una professione nuova e in continua evoluzione, con competenze trasversali. Deve infatti essere in grado di analizzare dati provenienti da fonti diverse e distinte. Non si parla solo delle informazioni ricavate dai sensori, ma di combinarle con tutte quelle prodotte dall’attività quotidiana del personale, della logistica, del CRM, del gestionale e di ogni altra applicazione presente in azienda. Nelle organizzazioni più grandi, emerge anche la presenza di un Data Engineer, più dedicato alla parte tecnica di correlazione fisica tra le varie fonti. In una PMI solitamente la mansione è in carico a un fornitore di servizi esterno, non di rado lo stesso che si occupa dei sistemi.
A differenza del passato però, la competenza non è solo tecnica. L’analisi dei dati richiede un lavoro di collaborazione come mai emerso in precedenza. Dove fino a non molto tempo fa la collaborazione tra IT e management era spesso solo un auspicio, ora diventa una necessità. Insieme al marketing, vanno a formare la squadra necessaria per trasformare i dati in vantaggi.
Dal punto di vista dei processi interni, i cambiamenti sono importanti. Rispetto alla tradizionale business intelligence, le differenze esistono e sono importanti. Oltre alla quantità decisamente più grande di dati da trattare, cambia proprio l’approccio di analisi. Se in precedenza l’obiettivo era ricavare una serie di indici a posteriori, ora si tratta di sfruttare le informazioni a scopo previsionale. Per questo serve una collaborazione a tutto campo e non sporadici contatti tra dipartimenti. Il punto di arrivo, deve essere senza timore quello dell’azienda aperta, connessa cioè con l’intera filiera, dai fornitori fino al cliente finale. Il timore di esporre i propri dati, in questo caso rischia di rivelarsi letale.
I benefici della digitalizzazione e dell’integrazione con la filiera sono infatti ormai evidenti. Esemplare in tal senso l’esempio di Porta Solutions, ottimo modello di media impresa italiana. Attiva nel mondo delle macchine utensili, la società bresciana ha colto per tempo il messaggio di passare da una produzione su magazzino a una praticamente su ordinazione. Applicando sensori ai macchinari prodotti e appoggiandosi al software di Alleantia, l’immensa mole di dati ricavati viene sfruttata a vantaggio dell’intero ciclo produttivo, con una potenza di analisi irraggiungibile per qualsiasi mente umana. Dal semplice controllo remoto dei macchinari, si arriva alla diagnostica a distanza con relativa possibilità di manutenzione e intervento, riducendo al minimo i rischi di fermo macchina. La digitalizzazione permette inoltre di cambiare la produzione più volte nell’arco della giornata senza dipendere dai tempi necessariamente più lungi della configurazione manuale.
Evidenti anche i benefici sul lato economico, senza neppure parlare di vendite. L’impiego dei sensori permette infatti di ottimizzare i passaggi di produzione e ridurre in misura importante i consumi energetici, abbassando anche i picchi, e l’usura dei componenti. Si innesca così un circolo virtuoso, con i risultati di ogni modifica usati per individuare ulteriori miglioramenti.
Per aiutare a inquadrare meglio la situazione, può essere infine di aiuto fotografia scattata dall’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. Il mercato della business analytics in Italia ha raggiunto a fine 2017 il valore di 1,10 miliardi di euro, con una crescita progressiva negli ultimi quattro anni. Subito dopo le banche, la maggiore attenzione arriva dal mondo della manifattura, da dove proviene il 24% degli investimenti.
Fonti
https://www-01.ibm.com/common/ssi/cgi-bin/ssialias?htmlfid=CDM12348USEN
Come sfruttare il Cloud per l’Industria 4.0 e per l’Impresa 4.0
Big Data: Cosa sono, come utilizzarli, soluzioni ed esempi applicativi