
25 Mar Il “Rinascimento dell’Industria” raccontato da Olivier Ribet di Dassault Systèmes
Olivier Ribet, Vicepresidente esecutivo di Dassault Systèmes per l’Europa, il Medio Oriente, l’Africa e la Russia e responsabile per la Cross-Technology, con l’incarico di esplorare i futuri trend tecnologici che cambieranno il manifatturiero e l’industria.
Tra i principali sviluppatori di software per progettazione e simulazione virtuale, Dassault Systèmes ha coniato il concetto di “Rinascimento dell’Industria” per definire la trasformazione digitale che stiamo vivendo.
Non nasconde la sua ammirazione per la creatività italiana Olivier Ribet, Vicepresidente esecutivo di Dassault Systèmes per l’Europa, il Medio Oriente, l’Africa e la Russia.
Ribet parla molto di “Rinascimento dell’Industria”, uno slogan con cui Dassault Systèmes riassume non soltanto la trasformazione che stiamo vivendo, ma anche la sua visione per il futuro.
Perché questo riferimento al momento storico probabilmente più alto vissuto dal genio e dalla creatività italiani?
“Perché ci trovavamo proprio in Italia, con un gruppo di altri manager, quando ci è venuta l’idea. Eravamo in una riunione strategica, di quelle che periodicamente si fanno in un Gruppo come il nostro per definire gli indirizzi da darci nei prossimi 5, 10 o 15 anni. Se infatti vogliamo continuare a produrre soluzioni per l’innovazione dobbiamo essere prima di tutto in grado di prevedere come verranno fatte le cose nel prossimo futuro, come saranno tra qualche anno un’auto, un aereo, un ufficio, una smart city, un mezzo di trasporto”, spiega Ribet.
UN MONDO CHE CAMBIA
Una certezza è che saranno molto diversi e che il modo con cui siamo abituati a pensare ai prodotti e come realizzarli è destinato a cambiare profondamente in un prossimo futuro, “anche perché cambia il modo in cui li utilizziamo”, osserva Ribet. “Pensiamo ai nostri figli e ai nostri nipoti, per esempio. Magari vanno all’università ma non guidano. Io ho tre figli, tutti grandi. Il maggiore ha 25 anni e ha preso la patente sei mesi fa. I ragazzi della nostra generazione, invece, il giorno dopo aver compiuto 18 anni erano davanti alla scuola guida per iniziare le lezioni. Immaginate che cosa possa significare questo per le maggiori case automobilistiche. Invece di avere una popolazione di diciottenni interessati ad avere un’auto devono ragionare sul fatto che, nel migliore dei casi, i giovani cominceranno a volere una vettura a 25 anni. O, nello scenario peggiore, che non compreranno mai un’auto e preferiranno invece abbonarsi a un car sharing per 5 euro al mese”.
Dall’attenzione sul prodotto si passerà a quella sui servizi.
“In Cina, per esempio, si sta pensando a mezzi di trasporto che cambiano destinazione d’uso in base all’orario della giornata, pod car che la mattina presto fanno da scuolabus quando devono portare i bambini a lezione e magari verso le 11 vengono adibiti al trasporto di merci per le consegne ai negozi, e magari alle due del pomeriggio spostano persone più anziane che devono andare dal dottore o a fare un’analisi”, dice Ribet.
Quindi serviranno piuttosto, sempre pensando ai mezzi di trasporto, veicoli in grado di trasformarsi, grazie all’installazione manuale di semplici moduli, più volte nell’arco della giornata, ma che saranno molto più complessi in termini di elettronica e software, perché probabilmente dovranno muoversi autonomamente nel traffico, senza conducente.
“Tutto questo inciderà profondamente anche sull’organizzazione delle imprese che li produrranno, per quanto riguarda una serie di aspetti come assistenza, manutenzione, tracciabilità della produzione, supply chain. Il tutto nell’ottica anche di una maggior sostenibilità di questi prodotti, che dovranno consumare meno materiali, meno energia, durare di più, essere più utili. L’insieme di questi aspetti, secondo noi, costituisce lo scenario del ‘Rinascimento dell’Industria’, cioè di un periodo, nel quale siamo entrati, in cui concepire nuove generazioni di prodotti vorrà dire anche trasformare completamente il modo di operare e di gestirsi delle aziende”, aggiunge Ribet.
COLLABORARE PER RINASCERE
Nel momento in cui un’azienda inizia a pensare in questo modo, a partire dalla consumer experience degli utilizzatori del futuro per poi andare a ritroso, fino a definire le modalità con cui concepire il prodotto e come organizzarsi per produrlo, diventa attore del “Rinascimento dell’Industria”.
“Ci sono molte imprese oggi che hanno iniziato a muoversi in questa maniera, in qualsiasi settore, anche quelli meno scontati. Stanno adottando un sistema di lavoro che definirei orizzontale. Anziché pensare un prodotto e calarlo dall’alto sul mercato sviluppano un’idea e poi si confrontano con i fornitori, i distributori, tutti i protagonisti della supply chain per mettere a punto il processo e il prodotto in termini di efficienza. È uno schema mutuato dall’informatica, perché in sostanza tutti i software sono costruiti in questa maniera, modulare, che consente anche cambiamenti e sviluppi assai rapidi”, afferma Ribet.
Secondo il manager di Dassault Systèmes è anche un modo di operare che torna alla radice del termine “industria”, che in latino significa “operosità”, “essere attivi”.
“Perché diventa possibile solo cooperando, collaborando con gli altri, per realizzare la vera fusione tra l’inventiva umana e la ‘tecnè’, la capacità di produrre, in modo veramente associativo o, in altre parole, concretizzare l’immaginazione umana nel mondo fisico”.
Questa è l’essenza del “Rinascimento dell’Industria” secondo la multinazionale francese.
Uno degli obiettivi della piattaforma 3DEXPERIENCE è fornire alle imprese strumenti informatici e cloud necessari per snellire il processo di progettazione e sviluppo del prodotto, rendendolo accessibile anche alle piccole aziende.
TECNOLOGIE ABILITANTI
Finora le tecnologie digitali non sono state in grado di favorire questo tipo di processo. Ma la potenza di calcolo raggiunta oggi, la fusione di tecnologie prima separate, come la meccanica, l’elettronica, la robotica, l’informatica, hanno creato le condizioni per concepire lo sviluppo dei prodotti e della produzione secondo questi concetti.
“Basta pensare ai robot collaborativi di nuova generazione, che possono lavorare insieme all’uomo senza creare alcuna situazione di pericolo e in modo assolutamente non intrusivo”, dice Ribet.
Un altro esempio riguarda i sistemi di simulazione, che fino a non molto tempo fa si limitavano a lavorare sulla modellizzazione del prodotto e ora si spingono anche a considerare tutta la catena produttiva, per capire se un pezzo possa essere realizzato in un impianto con determinati macchinari, quanto possa costare, come possa essere modificato nel modo più economico, per passare, infine, grazie all’incrocio con la stampa 3D e la manifattura additiva, alla produzione vera e propria.
“Per esplorare questi aspetti abbiamo investito moltissimo in ricerca e sviluppo, tanto che oggi possiamo considerarci non soltanto un’impresa tecnologica, ma anche scientifica. Non ci sono molti player sul mercato mondiale con queste caratteristiche, e una delle ragioni per cui stiamo crescendo così tanto negli ultimi anni è anche che le aziende innovative se ne sono accorte e, per questo, ci cercano”, conclude Ribet.
FOCUS: PIÙ LAVORO CON I SERVIZI
Ma quale sarà il futuro del lavoro?
Le tecnologie abilitanti finiranno per ridurre l’occupazione e per realizzare gli scenari apocalittici di una produzione affidata esclusivamente alle macchine, preconizzati da alcuni analisti?
“Succederà esattamente il contrario. Quello che vedo tutti i giorni sono aziende, in tutti gli angoli del mondo, che per effetto della forte innovazione di prodotto e di processo stanno crescendo molto anche in termini di personale e hanno grosse difficoltà a trovare le figure necessarie, di cui c’è una forte carenza. Questo anche in settori che finora abbiamo considerato tradizionali. Un tempo chi faceva mobili, per esempio, lavorava il legno e studiava come assemblare le parti. Ora vuole fare mobili ‘smart’ e ha bisogno non solo di falegnami, ma anche di elettricisti o perfino di ingegneri elettronici. Figure che prima non si sognavano nemmeno di inserire nel loro organico. Le cose che vengono prodotte oggi sono molto più complesse e molto più precise di un tempo e vengono proposte in un modo molto diverso. Non si tratta più di acquistare un oggetto, ma magari di affittarlo come servizio e di rimpiazzarlo due anni dopo, e questo comporta per le aziende la necessità di organizzarsi per ritirare questi oggetti, farne la manutenzione, magari ripararli oppure sostituirli.
Il passaggio che stanno facendo molte imprese sta proprio nel rendersi conto che non venderanno più prodotti, ma servizi, che nella maggior parte dei casi richiedono un intervento fisico di personale e di tecnici che conoscono il prodotto a fondo e sanno come installarlo, aggiornarlo o farne l’upgrade”, afferma Olivier Ribet.
Stiamo andando, insomma, verso una società dei servizi che sostituirà quella dei prodotti e nella quale il rapporto tra clienti e aziende avrà sempre più bisogno di un rapporto personale e non virtuale. Anche in questa rinnovata centralità dell’uomo risiede la radice del Rinascimento dell’Industria.