
20 Mag L’economia artificiale dei robot
Esploriamo le nuove frontiere dell’AI: Andrew Ng, che è un leader mondiale della nuova tecnologia, ha detto che l’intelligenza artificiale nei tempi moderni è come l’elettricità del secolo scorso.
Marvin Minsky, lo scienziato del Mit considerato il “padre” dell’intelligenza artificiale, prima di lasciarci (è morto nel 2016) aveva sostenuto di essere convinto che l’uomo non fosse l’ultimo anello della specie, perché ce n’era uno successivo, i robot. Di certo oggi l’intelligenza artificiale porta con sé «grosse aspettative di ricaduta sia economica che di qualità della vita, di cui si può essere ragionevolmente sicuri»: ad affermarlo è Elisabetta Binaghi, professore associato di Intelligent Systems all’Università dell’Insubria di Varese, che nel suo piccolo ci ha sempre creduto. «I colleghi mi davano della snob, mi dicevano “ma chi te lo fa fare?”, mentre l’informatica esplorava questioni molto concrete – racconta la sua esperienza nel campo di quella che in tutto il modo viene sintetizzata con l’acronimo AI (Artificial Intelligence) – oggi c’è molta più concretezza, che giustifica gli sforzi di chi ci ha sempre creduto. Le sottodiscipline dell’AI hanno acquisito una robustezza di soluzioni che si propongono con delle performance comparabili a quelle dell’uomo. Un esempio sono i sistemi di riconoscimento vocale».
Facciamo un passo indietro. Che cos’è l’intelligenza artificiale?
La definizione di disciplina informatica che si occupa di definire sistemi che svolgono funzioni che se fossero svolte dall’uomo sarebbero definite intelligenti, è un po’ tautologica e sottende una grossa trappola: il termine intelligenza, concetto che non ha una definizione condivisa anche al di fuori dell’ambito informatico. Per superare l’ambiguità si introduce quello di “agente razionale”: robot o software che ricevono dati dall’ambiente, producono dei risultati, ma sono in grado di modificare il loro comportamento sulla base di questi input e sull’analisi del feedback. Procedure informatiche flessibili, adattabili e che hanno capacità di apprendimento. Che poi sono esattamente le qualità che noi in fondo attribuiamo ad un ente intelligente. Partendo da questo concetto generale, ci sono una miriade di applicazioni. Dallo smartphone al robot per le missioni spaziali.
L’orizzonte è illimitato?
Oggi si può già parlare di artificial general intelligence. Le nostre nuove proposte di deep learning pensano ad un sistema così potente da poter imparare, se gli si danno i dati opportuni, una qualunque funzione. Andando verso la generalità nascono le inquietudini, dall’idea che un ente artificiale che non ha i limiti fisici dell’uomo possa imparare tutto, potrebbe anche imparare oltre quello che può l’uomo.
Qualche brivido corre lungo la schiena…
Ma parallelamente allo sviluppo tecnologico c’è un fermento positivo dal punto di vista etico, con tantissime iniziative collaterali che analizzano l’uso e l’impatto sull’uomo e gli aspetti etici dei sistemi di AI.
È questa la quarta rivoluzione industriale?
Il professor Andrew Ng, che è un leader mondiale della nuova tecnologia, ha detto che l’intelligenza artificiale nei tempi moderni è come l’elettricità del secolo scorso. Entrerà nella vita quotidiana di tutti.
Cos’è cambiato?
Primo, i big data, con la forte spinta verso la digitalizzazione che ha ammassato un gran volume di dati, premessa fondamentale per l’analisi di un sistema di AI. Secondo, la potenza di calcolo software: oggi sono disponibili soluzioni a costi contenuti, come la GPU (graphical process unit) che possono n-uplicare la potenza di calcolo. Ad esempio, a Boston e Harvard stanno lavorando a chip che danno risposte graduali che mimano il nostro singolo neurone invece che dare una risposta binaria. Infine, gli algoritmi di machine learning che ottimizzano i costi e gli insuccessi si sono enormemente consolidati. Siamo arrivati ad una maturazione, con una potenzialità enorme di impatto applicativo.
Come avvicinarsi all’AI?
Tutto è figlio della digitalizzazione. Ma le soluzioni informatiche complesse si occupavano in modo separato e ottimizzato di produzione, organizzazione aziendale, rapporto con il cliente: eppure queste tre anime che caratterizzano un’attività imprenditoriale sono interdipendenti, quindi se si vuole raggiungere un livello raffinato di ottimizzazione le soluzioni devono lavorare in mutua sinergia per un’ottimizzazione globale. Un livello di complessità che richiede un agente intelligente, che grazie a soluzioni tecnologiche e infrastrutturali (come IoT, Industria 4.0) rende possibile questa integrazione.
Davvero accessibile o una chimera?
No, questo agente intelligente che ottimizza i costi è una soluzione che sembra essere fruibile.
Rivoluzionerà i sistemi produttivi?
Io credo di sì, unendo l’AI con lo sviluppo classico dell’informatica. Il livello di ottimizzazione secondo me è superiore anche rispetto ai singoli comparti. Pensiamo a utilizzare chatbot intelligenti nel dialogo con il cliente: se ne misuro il grado di soddisfazione, lo registro e lo seguo nell’uso dello strumento, arrivo a creare una profilazione con feedback di miglioramento che non potrei avere se non con uno spiegamento di risorse che renderebbero l’operazione improduttiva.
A costi accessibili anche per i “piccoli”?
Questi strumenti riescono ad abbattere i costi, al di là dell’investimento iniziale, con dei ritorni sicuramente importanti. Attorno ai grandi colossi come Ibm, Google e Amazon che implementano soluzioni informatiche generali, le aziende informatiche customizzando possono creare prodotti più accessibili.
Non si scappa dall’intelligenza artificiale, insomma…
Diventerà una necessità per tutti, per un livello di ottimizzazione necessaria per essere competitivi. Rivoluzionerà anche le potenzialità di lavoro, come fece la catena di montaggio con il lavoro manuale.
Ma i robot sostituiranno il lavoro umano?
Lo modificheranno. Ci dovrà essere sicuramente un cambiamento a livello di tipologia di lavoro, ma le mansioni non cambieranno, cambierà il modo in cui si svolgeranno. Mi vengono in mente i colloqui di lavoro con una serie di passaggi fatti con l’intelligenza artificiale: all’ultimo step ci sono sempre i manager.