
10 Lug L’innovazione deve essere studiata!
Il consiglio per affrontare la rivoluzione in corso: trovare i punti deboli della propria impresa e individuare la tecnologia che sappia superarli.
«Macché disruptive, l’innovazione oggi è soprattutto incrementale».
A rompere l’assioma secondo cui le tecnologie moderne rappresentano sempre un punto di rottura nei confronti del passato, ci pensa Paolo Pasini, docente di Sistemi Informativi alla Sda Bocconi School of Management.
Intelligenza artificiale, robotica, cloud computing, data analytics hanno invaso le nostre case e le nostre aziende ed è impensabile (e controproducente) non farci i conti. Ma attenzione, mette in guardia il professore, a non cadere nella trappola degli show digitali, perché il rischio di precipitare in una bolla tecnologica è dietro l’angolo.
«Una buona parte delle tecnologie digitali che vediamo sul mercato – spiega Pasini – sono evoluzioni di tecnologie già esistenti in precedenza, come l’intelligenza artificiale o tutto il mondo della sensoristica che alimenta l’Internet of Things. Ecco perché dico che l’innovazione oggi è soprattutto incrementale».
È vero però che la tecnologia viaggia veloce e c’è il rischio di farsi prendere dall’eccessivo entusiasmo.
«Sono sempre stato critico sugli show digitali. Abbiamo visto in passato delle vere e proprie bolle su tecnologie che sembravano molto interessanti, ma che poi sono state abbandonate per l’incapacità di trovarne un’applicazione utile».
Pasini porta come esempio i Google glass. Gli occhiali con realtà aumentata della multinazionale americana sono stati adottati, anche in Italia, da alcune reti di vendita per la gestione del magazzino, per poi essere subito abbandonati per mancanza di ergonomia e capacità d’uso da parte degli operatori.
«Tra i settori in cui l’innovazione viene maggiormente utilizzata c’è innanzitutto il mondo delle tecnologie legate a produzione, logistica e supply chain. Quindi robotica, sensoristica, IOT nei magazzini e nelle linee produttive e tutto il mondo del 3D printing. Un altro ambito digitale è la strumentazione che permette di lavorare meglio in ufficio, comunicando in modo agevole attraverso web conference, chatting, email, oppure organizzandosi il lavoro attraverso il calendaring».
La vera grande partita, però, si gioca sull’analisi dei dati.
«È un mondo in grande fermento, perché non abbiamo solo dati nuovi e più veloci, ma anche software che ci permettono di lavorarci meglio. I campi di applicazione sono molto ampi. Abbiamo casi di acciaierie di piccole dimensioni che, grazie a determinati sensori e ai dati che forniscono, possono fare una manutenzione predittiva e capire quando è il momento di sostituire un componente, prima che questo si rompa e blocchi tutta la linea produttiva».
Secondo Pasini non ha senso fare delle “prove” con la tecnologia. L’innovazione va studiata con attenzione.
«Mi preoccupo quando vedo che ci si butta a capofitto senza fare valutazioni. La logica della sperimentazione può essere utile, ma deve scaricare a terra qualche risultato, non può essere fine a sé stessa».
C’è chi si butta a capofitto, ma c’è anche chi rimane diffidente verso la tecnologia, perché i vantaggi che porta non sono sempre identificabili in modo chiaro. Se compro un macchinario che aumenta la velocità di produzione, il numero di pezzi prodotti al giorno è una buona cartina tornasole. Ma se decido di fare una campagna di digital marketing, la storia si complica.
«Quello che stiamo cercando di fare in questo periodo è ribaltare la questione. Diciamo agli imprenditori: provate a capire, in un arco temporale di medio termine, non quali sono i vantaggi se usate determinate tecnologie, ma quanto perdete non facendo nulla. A questo uniamo un’altra analisi, mirata a evidenziare i punti deboli dell’azienda. Una volta trovati, cerchiamo di individuare la tecnologia adatta per superarli».
Possiamo anche essere aperti all’innovazione, ma rimane un problema: come trovo la persona (o l’azienda) giusta a cui affidarmi?
In certi campi scovare le competenze di cui ho bisogno può essere difficile. «Sulle tecnologie innovative è un bel match, perché non è facile trovare chi le conosce e al contempo le sa anche applicare nelle aziende. Nella realtà aumentata, per esempio, ci sono un sacco di cose alla Star Trek nei laboratori, ma quante sono poi sfruttabili nelle imprese?».
Secondo Pasini i soggetti a cui rivolgersi sono soprattutto due: le start-up, geneticamente innamorate della tecnologia, che sono però specializzate soprattutto in nicchie di settore; e i medio-grandi operatori, che portano le esperienze catturate a livello internazionale, ma che a volte non sono coerenti con le piccole realtà italiane.
Abbiamo visto che è necessario trovare i punti deboli della propria impresa e una tecnologia che sappia superarli.
Per farlo, Pasini consiglia la via della condivisione. «Una cosa che si sta sperimentando nelle Pmi italiane è mettere attorno a un tavolo persone che si occupano di vari aspetti (dal commerciale al marketing, dalla produzione alla valutazione dei costi) insieme a qualcuno che ha la capacità di fondere da un lato le tecnologie e dall’altro le loro applicazioni».
In questi piccoli laboratori aziendali, assicura il docente, si generano idee creative. «Nascono spesso progetti interessanti, per esempio sul fronte della capacità di raccogliere dati e analizzarli, prendere delle decisioni e scoprire cose nuove che posso fare sul mercato, sui canali di vendita, sul prodotto o sui nuovi clienti».
Questa operazione, mette subito in chiaro Pasini, ha un’unica controindicazione: bisogna investirci del tempo.