
13 Ott Manifattura 4.0: e se dicessimo che la rivoluzione non la fa la tecnologia?
Il presidente del consiglio Matteo Renzi e il ministro Carlo Calenda hanno presentato a Milano il “Piano Industria 4.0”.
Sono 13 i miliardi di euro che saranno destinati per attivare investimenti innovativi nel settore dell’industria 4.0 e che, nelle parole del premier, rappresentano un’opportunità in cui gli imprenditori «ora devono credere».
Ritengo molto importante che le misure siano state presentate a Milano città che, da qualche anno, si sta mostrando all’avanguardia nell’implementazione di policy legate al tema della manifattura digitale.
Nel dettaglio, partiamo dai numeri: il piano ha impegnato Palazzo Chigi e sei ministeri con un notevole impegno economico sia per lo Stato (per circa 13 miliardi di euro) che come leva per i privati (per circa 24 miliardi).
Un impegno del pubblico nel periodo che andrà tra il 2017 e il 2020. Con un appunto, specificato direttamente dal ministro per lo Sviluppo Economico durante la presentazione del piano: «Nel 2017, non dal 2017 al 2020, cioè il prossimo anno, vogliamo mobilitare investimenti privati per dieci miliardi in più e prevediamo nell’arco di piano un delta di 11,3 miliardi per ricerca e innovazione».
Il piano sarà coordinato da «una cabina di regia. E la verifica sarà spietata».

È evidente che il Governo abbia deciso di investire massicciamente sul manifatturiero nella consapevolezza che, essendo l’Italia il secondo Paese manifatturiero in Europa, non si può che partire da lì. Sembra che abbia ascoltato il grido di dolore delle imprese che, negli anni, hanno chiesto di non limitarsi ad investimenti nei soli settori finanziario e turistico.
Si tratta, fra l’altro, di un’azione non isolata ma di un grappolo di provvedimenti che investono più ministeri.
Un particolare non secondario poiché significa che non si tratta di una misura residuale del Governo, ma di un punto centrale della sua azione.
Una buona cosa.

Per quanto riguarda le modalità di erogazione, il ministro Calenda lo aveva annunciato alla Summer School di Confartigianato Imprese Varese ed è passato all’azione: basta bandi ma sostegno alle aziende attraverso misure di accompagnamento e accrescimento degli investimenti.
«Gli incentivi non saranno messi più a bando perché è un modo per non spendere».
Il piano nazionale Industria 4.0, invece, è «costruito su incentivi fiscali orizzontali». Tra le misure previste, anche tempi più lunghi per il superammortamento (prorogato a un anno), per l’iperammortamento, (incrementato dell’aliquota al 250% per i beni I 4.0). E, sempre a proposito dei soldi per ricerca e sviluppo, rimodulazione del credito di imposta: sarà incrementale, raddoppiando dal 25 al 50% l’aliquota della spesa interna, con un credito massimo da 5 fino a 20 milioni di euro (questa sembra che sia stata scritta dal direttore di Confartigianato Imprese Varese Mauro Colombo: basta bandi).
In questo modo, il Governo scommette sulle aziende: in qualche modo – dice – io ci credo in voi, nella vostra capacità di fiutare dove vanno investiti i soldi e vi aiuto. Anzi, ci credo così tanto che ve li aumento.
Tra le slide illustrate dal premier Renzi una voce è dedicata anche alle “Competenze“.
In affiancamento al Piano nazionale per la Scuola Digitale, Italia 4.0 si pone l’obiettivo di formare e specializzare sui temi dell’Industria 4.0 più di duecentomila studenti universitari e tremila manager. Quanto alle scuole superiori, saranno formati sui temi dell’Infustry 4.0 il 100% degli studenti iscritti a Istituti Tecnici, e sono previsti circa 1.400 dottorati di ricerca con focus ad hoc. Questo invece sembra scritto dal nostro responsabile della formazione Umberto Rega: fondamentale e positivo l’investimento sulla formazione (creazione di competenze).
Intervento del premier Matteo Renzi
Non smetteremo mai dirlo: la rivoluzione non è una rivoluzione tecnologica. O meglio, non è rivoluzione se non si fanno crescere le competenze (culturali) e le abilità tecniche relative al digitale. E questo aspetto si riallaccia alle attività su cui investiamo e continueremo a investire come Faberlab, come ad esempio Faberschool.
Bene anche l’alleanza fra università e Pmi. Il piano mette in connessione stretta università e imprese, individuando pochi centri di eccellenza a cui rivolgersi per costruire l’innovazione necessaria insieme.
Penso in particolare al Politecnico di Milano (prima università italiana in tutti i ranking) cui da tempo, come Faberlab, collaboriamo e con cui stiamo progettando nuove iniziative che coinvolgeranno le aziende sui temi della manifattura digitale.
Ritengo interessante anche il fatto di aver individuato alcune università, e non tutte: è necessario, oltre che positivo, individuare soltanto le eccellenze.
E da questa logica emerge un nuovo criterio di selezione e scelta (che è poi anche assunzione di responsabilità da parte della politica), legato anche alle classifiche internazionali: Politecnico di Bari, Milano, Torino, Scuola superiore di Pisa e quattro atenei veneti consorziati.
Ora non resta che osservare l’implementazione delle singole misure, sperando che non vengano indirizzate solo ai grandi soggetti (il tema è la grandezza del volume degli investimenti).
Ma, poiché il ministro farà un giro in tutti i territori produttivi per rappresentare le idee di fondo di questo provvedimento, non mancheremo di lavorare per offrire una corretta rappresentazione del mondo imprenditoriale italiano.
E lombardo, ovviamente.
Sono 13 i miliardi di euro che saranno destinati per attivare investimenti innovativi nel settore dell’industria 4.0 e che, nelle parole del premier, rappresentano un’opportunità in cui gli imprenditori «ora devono credere».
Ritengo molto importante che le misure siano state presentate a Milano città che, da qualche anno, si sta mostrando all’avanguardia nell’implementazione di policy legate al tema della manifattura digitale.
Nel dettaglio, partiamo dai numeri: il piano ha impegnato Palazzo Chigi e sei ministeri con un notevole impegno economico sia per lo Stato (per circa 13 miliardi di euro) che come leva per i privati (per circa 24 miliardi).
Un impegno del pubblico nel periodo che andrà tra il 2017 e il 2020. Con un appunto, specificato direttamente dal ministro per lo Sviluppo Economico durante la presentazione del piano: «Nel 2017, non dal 2017 al 2020, cioè il prossimo anno, vogliamo mobilitare investimenti privati per dieci miliardi in più e prevediamo nell’arco di piano un delta di 11,3 miliardi per ricerca e innovazione».
Il piano sarà coordinato da «una cabina di regia. E la verifica sarà spietata».

È evidente che il Governo abbia deciso di investire massicciamente sul manifatturiero nella consapevolezza che, essendo l’Italia il secondo Paese manifatturiero in Europa, non si può che partire da lì. Sembra che abbia ascoltato il grido di dolore delle imprese che, negli anni, hanno chiesto di non limitarsi ad investimenti nei soli settori finanziario e turistico.
Si tratta, fra l’altro, di un’azione non isolata ma di un grappolo di provvedimenti che investono più ministeri.
Un particolare non secondario poiché significa che non si tratta di una misura residuale del Governo, ma di un punto centrale della sua azione.
Una buona cosa.

Per quanto riguarda le modalità di erogazione, il ministro Calenda lo aveva annunciato alla Summer School di Confartigianato Imprese Varese ed è passato all’azione: basta bandi ma sostegno alle aziende attraverso misure di accompagnamento e accrescimento degli investimenti.
«Gli incentivi non saranno messi più a bando perché è un modo per non spendere».
Il piano nazionale Industria 4.0, invece, è «costruito su incentivi fiscali orizzontali». Tra le misure previste, anche tempi più lunghi per il superammortamento (prorogato a un anno), per l’iperammortamento, (incrementato dell’aliquota al 250% per i beni I 4.0). E, sempre a proposito dei soldi per ricerca e sviluppo, rimodulazione del credito di imposta: sarà incrementale, raddoppiando dal 25 al 50% l’aliquota della spesa interna, con un credito massimo da 5 fino a 20 milioni di euro (questa sembra che sia stata scritta dal direttore di Confartigianato Imprese Varese Mauro Colombo: basta bandi).
In questo modo, il Governo scommette sulle aziende: in qualche modo – dice – io ci credo in voi, nella vostra capacità di fiutare dove vanno investiti i soldi e vi aiuto. Anzi, ci credo così tanto che ve li aumento.
Tra le slide illustrate dal premier Renzi una voce è dedicata anche alle “Competenze“.
In affiancamento al Piano nazionale per la Scuola Digitale, Italia 4.0 si pone l’obiettivo di formare e specializzare sui temi dell’Industria 4.0 più di duecentomila studenti universitari e tremila manager. Quanto alle scuole superiori, saranno formati sui temi dell’Infustry 4.0 il 100% degli studenti iscritti a Istituti Tecnici, e sono previsti circa 1.400 dottorati di ricerca con focus ad hoc. Questo invece sembra scritto dal nostro responsabile della formazione Umberto Rega: fondamentale e positivo l’investimento sulla formazione (creazione di competenze).
Intervento del premier Matteo Renzi
Non smetteremo mai dirlo: la rivoluzione non è una rivoluzione tecnologica. O meglio, non è rivoluzione se non si fanno crescere le competenze (culturali) e le abilità tecniche relative al digitale. E questo aspetto si riallaccia alle attività su cui investiamo e continueremo a investire come Faberlab, come ad esempio Faberschool.
Bene anche l’alleanza fra università e Pmi. Il piano mette in connessione stretta università e imprese, individuando pochi centri di eccellenza a cui rivolgersi per costruire l’innovazione necessaria insieme.
Penso in particolare al Politecnico di Milano (prima università italiana in tutti i ranking) cui da tempo, come Faberlab, collaboriamo e con cui stiamo progettando nuove iniziative che coinvolgeranno le aziende sui temi della manifattura digitale.
Ritengo interessante anche il fatto di aver individuato alcune università, e non tutte: è necessario, oltre che positivo, individuare soltanto le eccellenze.
E da questa logica emerge un nuovo criterio di selezione e scelta (che è poi anche assunzione di responsabilità da parte della politica), legato anche alle classifiche internazionali: Politecnico di Bari, Milano, Torino, Scuola superiore di Pisa e quattro atenei veneti consorziati.
Ora non resta che osservare l’implementazione delle singole misure, sperando che non vengano indirizzate solo ai grandi soggetti (il tema è la grandezza del volume degli investimenti).
Ma, poiché il ministro farà un giro in tutti i territori produttivi per rappresentare le idee di fondo di questo provvedimento, non mancheremo di lavorare per offrire una corretta rappresentazione del mondo imprenditoriale italiano.
E lombardo, ovviamente.